venerdì 11 novembre 2016

Dionigi pseudo-Areopagita

Dionigi pseudo-Areopagita è lo pseudonimo utilizzato da un autore anonimo vissuto probabilmente nel sesto secolo d.C. in Siria, il cui corpus, definito corpus dionisiano, consta di dieci Epistole e quattro trattati: Sui nomi divini, Teologia mistica, Gerarchia ecclesiastica e Gerarchia celeste. Il pensiero dello pseudo-Dionigi, fortemente influenzato dal neoplatonismo di Proclo e dal Cristianesimo, cerca di accordare la visione pagana neoplatonica con quella cristiana. Il risultato di tale sforzo sfocia nella cosiddetta teologia negativa, o apofatica, vale a dire una enunciazione del divino basata sull’elencazione di ciò che non è, anziché ciò che è. Si tenga presente che questa modalità di parlare del divino non vuole essere una privazione delle qualità che seguono la negazione, quanto piuttosto una loro esponenziale esaltazione, a sottolineare cioè l’assoluta trascendenza di Dio rispetto alla conoscenza umana e alle qualità che si riscontrano nelle creature. Dio è, infatti, yper, ovvero totalmente oltre. Al riguardo è corretto parlare di teologia superlativa, la quale è insieme catafatica – del divino possiamo predicare tutte le qualità positive che esperiamo nel creato -   e apofatica – le qualità che si predicano del divino superano quelle che riguardano la particolarità in cui le conosciamo: in questo senso, di Dio non si dirà essere Bene, ma super Bene, in quanto oltre la nostra comune nozione di bene. Stando così le cose, il divino è sia anonimo, cioè privo di denominazioni (teologia apofatica), sia omnicomprensivo, cioè predicabile di tutte le perfezioni delle creature che da lui emanano: si può descriverlo, pertanto, come Uno, Essere, Bene, Luce, Bello, Amore, Pace, etc. sempre tenendo presente che ognuna di queste attribuzioni è soltanto un accenno all’essenza divina, poiché la conoscenza che noi abbiamo di esse è legata alla particolarità e non al principio che ad esse compete. E' chiaro, dunque, che l'unica vera esperienza divina che l'uomo può esperire è l'estasi, ovvero l'abbandono di ogni razionalità e determinazione per ricongiungersi col principio divino donde la realtà tutta è scaturita (teologia mistica).

In proposito è interessante notare l'osservazione di Giovanni Eriugena, il quale, basandosi sul corpus dionisiano, afferma che di Dio si può parlare tanto in modo apofatico quanto in modo catafatico. La contraddizione che trae origine dalle due modalità opposte - l'una positiva, l'altra negativa - di riferirsi a Dio costituisce, anzi, la via regia per contemplare la profonda unità dei predicati contrari, che culmina nella mistica. In tutto questo si può scorgere la dottrina dei contrari formulata da Eraclito (VI - V secolo a.C.), nonché una qualche affinità alla concezione del divino ch'egli aveva: «La divinità è giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace, sazietà-fame».

Per quanto attiene all’universo, Dionigi immagina un’organizzazione gerarchica in cui ogni grado permette la trasmissione dell’essere e dell’energia spirituale verso i livelli inferiori. Il primo grado, la gerarchia celeste, articolata in gerarchie e sottogerarchie, riceve l’essere e le energia spirituali direttamente dalla Trinità, trasferendola poi, attraverso gli angeli, alla gerarchia ecclesiastica, al cui vertice vi è il vescovo, quindi i presbiteri ed i diaconi, ed infine i fedeli, che ricevono le illuminazioni durante la celebrazione dei sacramenti. Il modello di mediazioni che Dionigi consegna ai posteri, si rivelerà fondamentale per la l’angelologia cristiana, e sarà ripreso anche dal poeta fiorentino Dante Alighieri, che nella Divina Commedia, in uno degli ultimi canti del Paradiso, cita esplicitamente Dionigi: “E Dionisio con tanto disio/a contemplar questi ordini si mise/che li nomò e distinse com'io” (XXVIII, vv. 127-132).


Dante e Beatrice innanzi all'Empireo





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