giovedì 3 marzo 2016

Gorgia

Gorgia (Leontinoi, 485 a.C. - Larissa, 375 a.C.) è ritenuto uno dei maggiori esponenti della sofistica.

L'opera fondamentale di Gorgia di cui siamo giunti a conoscenza è intitolata Intorno al non ente o della natura. In essa il filosofo siciliano espone tre considerazioni, da cui è possibile ricavare gran parte del suo pensiero filosofico. Esse sono:

  1. Nulla è;
  2. quand'anche qualcosa fosse, non sarebbe conoscibile;
  3. quand'anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile.

La posizione assunta da Gorgia attraverso le tesi sopra esposte è chiaramente in contrasto con la dottrina parmenidea dell'Essere, secondo cui «l'essere è e non può non essere; il non essere non-è e non può essere». Il filosofo, servendosi del metodo dialettico ideato da Zenone di Elea per suffragare il pensiero di Parmenide, arriva a dimostrare per assurdo la validità dell'affermazione "nulla è" supponendo che, nel caso in cui qualcosa sia, essa sarebbe generata, eterna o generata ed eterna insieme, generando, in ogni caso, un paradosso. 

Infatti, qualora si assuma l'essere come eterno si avrebbe che:

  • poichè eterno mancherebbe di un principio;
  • poichè manchevole di un principio, esso sarebbe infinito;
  • poichè infinito, non avrebbe un luogo in grado di contenerlo;
  • poichè incontenibile, e quindi giacché non è entro alcun luogo, esso non esiste.
 

L'essere non può essere neppure generato in quanto:


  • qualora lo fosse, dovrebbe essersi originato da un qualcosa di diverso da ciò che egli "è", perdendo così la sua precipua singolarità;
  • quindi, qualora fosse generato dall'essere, sarebbe derivato da qualcosa che già prima era, impedendo così che possa essere considerato generato;
  • qualora invece venisse generato dal non essere si avrebbe che questo, pur "non-essendo" è in grado di generare l'essere. 
  •  
     
 Tantomeno, infine, può l'essere venir considerato come eterno e generato assieme poiché i due attributi sono in contrasto tra loro e si eliminano a vicenda: se l'essere è eterno, non può essere generato; se è generato, non può essere eterno. Orbene, se l'essere non è eterno nè generato nè eterno e generato esso non è: non esiste.

Si può inoltre sostenere, secondo il pensiero di Gorgia, che poicil non-essere è qualcosa di diverso dall'essere sia necessario almeno pensarlo, anche solo per distinguerlo dall'essere. Secondo questa osservazione, viene meno il divieto di pensare il non essere imposto dal filosofo di Elea. 

Relativamente al secondo punto sostenuto da Gorgia, egli espone la seguente argomentazione a sostegno: poiché il pensiero umano è in grado di elaborare anche idee differenti dalla realtà, come ad esempio le cose che in essa non si manifestano o non esistono affatto, pensiero e realtà sono posti su due piani diversi da cui quindi si ricava l'impossibilità di discriminare il vero dal falso e, dunque, la conoscenza stessa è interdetta.

Infine, pur supponendo che qualcosa fosse conoscibile, essa non sarebbe in alcun modo comunicabile poiché il linguaggio è qualcosa di diverso dal pensiero in sè, e dunque, questo non può essere trasmesso per come realmente è attraverso le parole. Se ciò fosse possibile, sarebbe legittimo pensare che quanto cade sotto la nostra vista sia udibile: questo è chiaramente impossibile, poiché l'oggetto percepito dagli occhi afferisce ad una sfera sensoriale diversa da quella dell'udito. 

Come Protagora, anche Gorgia analizza il linguaggio, arrivando a nuove conclusioni. Egli, precisamente, attribuisce al logos due importanti funzioni: quella critico-distruttiva e quella costruttiva. La funzione critico-distruttiva si serve del metodo dialettico per eliminare la presunzione di detenere ragione - e di poter quindi affermare la veridicità di un dato fatto - per poi persuadere l'udienza attraverso la retorica. Per Gorgia, qualsiasi discorso non è mai assolutamente veritiero, ma può al massimo essere ritenuto tale. L'importante, infatti, non è che esso sia vero in senso assoluto, bensì che lo si ritenga tale; acciocché ciò avvenga è necessario impiegare la retorica per persuadere gli uomini facendo leva sulle loro emozioni per condizionarne le azioni e le opinioni. In questo scenario, il fatto che il linguaggio non riesca ad esprimere l'essenza delle cose è un fattore positivo e da cogliere: infatti, poiché l'uomo non può conoscere nè il vero nè il falso egli vive in una realtà irrazionale e l'unica possibilità che gli si profila è quindi quella di poter scegliere una delle tante interpretazioni addotte alla realtà, secondo le sue inclinazioni, la sua sensibilità, la sua cultura e, più generalmente, la sua soggettività. 

In questo modo, in Gorgia, credenza e verità coincidono. Conseguentemente, sarà ritenuto vero solo il discorso che risulta più persuasivo di un altro e che quindi è in grado di influenzare, di persuadere, il maggior numero di individui. Ma affinché ciò sia possibile, esso deve essere coerente ed avere validità logica.

La posizione di Gorgia, in definitiva, si configura come agnostica e nichilista in quanto muove sfiducia verso le capacità conoscitive dell'uomo nonché della ragione stessa, incapace di cogliere l'essenza della realtà, vale a dire di individuare quei principi che sono alla base del divenire delle realtà empiriche. Per Gorgia, la verità, nonchè l'essere, non esisto in quanto chimere, ed il linguaggio, svincolato da ogni legame con la realtà ed il pensiero, è l'unico mezzo in grado di tangere intimamente la sfera emotiva degli uomini, grazie al suo effetto persuasivo,e capace di produrre in questi emozioni e opinioni.

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