sabato 6 febbraio 2016

Socrate

Socrate (Atene, 470 a.C. - Atene, 399 a.C.) è stato uno dei più grandi esponenti della filosofia greca antica e della cultura Occidentale, nonché di tutti gli altri pensieri che le successive filosofie svilupperanno.

Nato all'interno di una famiglia umile, il padre, Sofronisco, è uno scultore mentre la madre, Fenarete, una levatrice. Nei primi anni della sua giovinezza Socrate percorre le orme del padre, praticando il suo lavoro, per poi abbandonarlo in favore della speculazione filosofica. Tra le discipline alle quali si interessò ricordiamo: la ginnastica, la musica, la poesia, la retorica, il teatro (in particolar modo alla tragedia), la fisica e la medicina. Le fonti storiche riguardo i rapporti coniugali di Socrate sono in contrasto: talune sostengono che abbia avuto una sola moglie, Santippe, talaltre ne aggiungono una seconda, Mirto. Certo è invece il fatto che abbia avuto tre figli (Lamprocle, Sofronisco, Menesseno). 

L'evento che sposterà radicalmente i suoi interessi alla filosofia ci viene raccontato da Platone, secondo cui l'oracolo di Delfi rivela a Cherefonte (filosofo ed amico di Socrate) «che tra gli uomini tutti Socrate è il più sapiente». Mosso da questa rivelazione Socrate intraprende il suo cammino alla ricerca della verità sulla base della massima socratica "sapere di non sapere"; a tal proposito interroga i più dotti ateniesi per capire se egli è davvero il più savio come l'oracolo di Delfi diceva ed è proprio dialogando con costoro che Socrate si rende conto che il loro sapere è solo specialistico ed incapace di rispondere alla domanda "che cos'è l'uomo?", oltre che giungere ad una verità universale ed assoluta. 

Interrogando se stesso Socrate giungerà anche ad intendere le parole rivelatrici dell'oracolo: ciò che queste volevano dire era che il sapere umano è pressoché inconsistente (poiché la vera sapienza è riservata solo agli dèi) e che il più alto grado che la sapienza umana può raggiungere è costituito dalla consapevolezza della propria ignoranza. Il "sapere di non sapere" è dunque l'incentivo che sprona l'uomo al voler conoscere, al voler sapere, ad "amare la sapienza (philosophia, dal greco philein, "amare", e sophia, "sapienza").

Il principale pensiero contro cui Socrate recalcitra con la sua filosofia è quello sofistico, i cui esponenti (volgarmente definiti "prostitute della cultura") offrivano la loro istruzione in cambio di denaro. Oggigiorno potremmo considerarli come degli educatori o degli insegnanti che, appunto, vengono remunerati in seguito alle loro lezioni. Ad Atene Socrate era molto conosciuto ed era considerato uno dei maggiori intellettuali; proprio per questo molte famiglie lo vollero come educatore dei propri figli, a sostituzione delle lezioni a pagamento dei sofisti. Fattosi carico della volontà di istruire gli uomini riguardo la loro ignoranza e ad avere cura della loro anima, Socrate adunava intorno a sé numerosi interlocutori ai quali si rivolgeva attraverso il dialogo fondato su esempi, dubbi e domande, piuttosto che con l'eristica, che mira invece a persuadere l'interlocutore attraverso la retorica per poter affermare il proprio pensiero, indipententemente dal fatto che questo sia vero o falso. Non mancano tuttavia alcune affinità tra i sofisti ed il pensiero socratico: entrambi cercano di spostare la speculazione filosofica dalla natura (physis) all'uomo ed entrambi convengono sul fatto che la filosofia debba essere fondata sul discorso razionale; da qui la principale differenza tra i sofisti e Socrate: i primi ritengono che il dialogo sia un metodo di persuasione, Socrate, al contrario, individua nel dialogo lo strumento attraverso cui pervenire alla verità. Il metodo socratico pone al centro della sua ricerca una definizione universale ed assoluta che non sia, dunque, particolare e relativa.

Per poter giungere alla verità è però necessario che l'uomo venga istruito all'arte del discorso, vale a dire alla dialettica, da cui deriva il metodo socratico. Il metodo socratico è fondamentalmente basato sull'ironia e la maieutica: per giungere alla verità è necessario, per Socrate, scardinare i pregiudizi e le opinioni degli interlocutori (momento critico-negativo) attraverso la confutazione, per poi acquisire la verità annidata in se stesso (momento costruttivo-positivo). Per Socrate, infatti, la verità è dentro ciascun uomo e pertanto non può essere impartita dall'esterno; il suo compito è, dunque, limitato a far scoprire loro quel che già è nella loro anima, piuttosto che insegnarlo.
  
Nel pensiero socratico occupa un posto di rilievo l'intelletualismo etico, secondo cui l'unico ed ultimo fine dell'esistenza umana, e proprio per questo, una volta conosciuto il bene, nessun uomo può compiere il male: giacché questi conoscono il bene operano in sua funzione e qualora commettano delle azioni malvagie è perché lo ignorano; il male è quindi ignoranza del bene. Lo strumento attraverso cui pervenire al bene è il sapere e la filosofia costituisce un esercizio spirituale per produrre comportamenti virtuosi.

Grazie alle sue pubbliche disquisizioni Socrate si guadagnò le simpatie delle famiglie aristocratiche, di numerosi giovani e concittadini. E' tuttavia proprio per la forte influenza che il filosofo inizia ad esercitare sui suoi interlocutori che il suo operato inizia ad essere visto negativamente dalle autorità politiche, che giungeranno poi a condannarlo a morte, nonostante Socrate non violasse alcuna legge. A tal proposito furono avanzate tre accuse nei suoi confronti: corrompere i giovani, indagare la natura giungendo a conclusioni empie e non riconoscere gli dèi della polis.

Nella formazione dei capi d'accusa contro Socrate ha occupato un posto di rilievo la commedia Le nuvole (423 a.C.) di Aristofane in cui l'ateniese viene rappresentato come un uomo teso a mezz'aria, sempre intento in profonde elucubrazioni. 

Relativamente all'accusa di ateismo (per la quale Anassagora fu esiliato) c'è da precisare che Socrate, pur non aderendo alla credenze popolari, non disprezzò mai pubblicamente gli dèi.

Nella vita di Socrate, come egli stesso riferisce, c'è una singolare presenza su cui ancora non si è saputo dare una valida interpretazione: il demone (daimonion) socratico. Questi ci viene presentato dallo stesso Socrate come una voce divina insita nella sua anima che lo guida e dissuade dal compiere azioni malevole, indirizzandolo verso una vita virtuosa basata sulla ricerca di una verità morale. Questo avrà una notevole influenza sulla sua condanna poicsecondo gli accusatori egli credeva in questo daimonion, disconoscendo, dunque, gli dèi ufficialmente riconosciuti nella polis. 

Nel 399 a.C. ha inizio il processo che porterà alla morte di Socrate. Egli si difese da sé e denunciò pesantemente la classe politica ateniese per la sua immoralità e corruzione. Cionostante, viene riconosciuto colpevole e condannato a morte. Socrate, pur riconoscendo come ingiusta la sua condanna, accetta di morire e rifiuta le proposte di fuga da parte dei suoi amici, dimostrando di essere fino all'ultimo un probo cittadino. Morirà bevendo la cicuta e pronunciando, poco prima di passare oltre, una delle frasi più enigmatiche del mondo della filosofia: «O Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Asclepio: dateglielo e non dimenticatevene.». Nel corso degli anni queste parole hanno dato origine a diverse interpretazioni: secondo alcuni era intenzione di Socrate ringraziare il dio Asclepio per essere morto senza soffrire; altre sostengono invece che volesse ringraziarlo per non aver dovuto compromettere la sua integrità morale venendo meno alla condanna attraverso le vie di fuga escogitate dai suoi amici; altri ancora, come Nietzsche, pensano che intendesse semplicemente ringraziare per essere guarito dalla "malattia del vivere".

Nessun commento:

Posta un commento